Lettere al Direttore / La Risiera di San Sabba a Trieste

di Tonino Armata

 SAN BENEDETTO – Il 1 4 aprile 1944 – settantasette anni fa – entrò in funzione il forno crematorio dell’unico campo di concentramento nazista in Italia, la Risiera di San Sabba di Trieste. Nel campo, denominato Stalag339, morirono circa 5mila persone. Molte passarono da lì e furono smistate in altri lager. Fare memoria per non dimenticare. Fare memoria affinché le nuove generazioni, venendo meno la testimonianza di chi c’era, conoscano gli orrori del nazifascismo e il suo portato, e sappiano di cosa si parla quando si accendono i riflettori su gruppi e movimenti che di quegli orrori hanno nostalgia.

Dopo puntigliose ricerche durate oltre tre anni, il sottoscritto e Ferruccio Fölkel (ebreo triestino) e con il contributo del Centro documentazione ebraica contemporanea di Milano, siamo riusciti a ricostruire in tutto il suo tragico orrore quanto avvenne a San Sabba, a Trieste e nel Litorale Adriatico (il territorio destinato a divenire a termine del conflitto, secondo i piani di Hitler, parte integrante del “Grande Reich”) nei tragici anni dell’occupazione nazista.

Quando il nome della risiera di San Sabba assurse molti anni orsono alla ribalta della cronaca provocò nel nostro paese un effetto traumatizzante: era, infatti, la prova inconfutabile che anche in Italia la «fabbrica della morte» nazista aveva svolto il suo orribile lavoro. Era una rivelazione che quell’orrore che credevamo relegato ai remoti campi di Auschwitz e Treblinka, Bergen Belsen aveva fatto la sua comparsa anche da noi, stroncando vite, massacrando chi non poteva difendersi, mostrando l’abisso dell’abiezione in cui può cadere l’uomo animato da un odio bestiale e ispirato da un’aberrante ideologia.

Grazie al Centro Documentazione Ebraico di Milano, alle testimonianze degli ex-prigionieri e alla scoperta di documenti mai pubblicati, abbiamo portato alla luce una verità (celata per tanti anni per strane rimozioni, imperdonabili amnesie e ambigue coperture) fatta di ruberie, soprusi, uccisioni in massa decise a volte per un semplice capriccio.

Davanti ai nostri occhi sfilarono, da un lato, uno per uno, gli uomini dell‘EINSATZKOMMANDIO RENNRD, il reparto speciale dell’S.S., incaricato di gestire con la consueta efficienza il “piccolo“ campo di sterminio triestino: mentre, dall’altro, i superstiti ci raccontarono le vicissitudini che li portarono a San Sabba, le loro condizioni di vita all’interno del lager, il lugubre rituale delle torture e delle uccisioni, le indicibili sofferenze di chi nonostante tutto si sforza di continuare a vivere.

Una storia angosciosa, inquietante, il cui epilogo non è stato ancora scritto. Dove sono finiti, infatti, i beni di tutto rispetto e le somme di denaro che gli aguzzini anno sottratto alle loro vittime? Molto probabilmente, opportunamente riciclate, devono offrire ancora oggi una vita agiata ai “camerati” sopravvissuti o ai loro eredi, tutelati, naturalmente da una giustizia che non sa (o non vuole) raggiungerli.

La poesia di Ketty Daneo, l’illustrazione di Renato Daneo e l’iconografia della Risiera di San Sabba, sono forse il miglior modo per ricordare con la passione e la tensione morale di chi “non può” non sentirsi coinvolto né tantomeno dimenticare, senza mai correre il rischio di cadere in una facile retorica – quanti, nella squallida fabbrica di Trieste, “passarono per il camino”.

RISIERA

A Trieste si usa il termine Risiera corrispondente all’italiano RISERÌA – per disegnare un vecchio edificio della zona industriale attrezzato, appunto per la pulitura del riso. Durante l’occupazione tedesca, iniziata nel 1943, i nazisti trasformarono la Risiera triestina, già fuori uso, in campo di concentramento per partigiani, ebrei, cospiratori politici, ostaggi e in genere per tutti presunti nemici. In un’ala del fabbricato i nazisti costruirono le celle d’isolamento per gli inquisiti, anguste e assolutamente prive di finestre, e nel cortile, di fronte all’edificio delle prigioniun FORNO CREMATORIO.

La guarnigione comandata dalle S.S., era composta anche da alcuni sottufficiali, soldati ucraini, e italiani arruolati con la forza. Un tribunale segreto giudicava sommariamente i prigionieri, parte dei quali veniva smistata verso altri campi di concentramento e a parte veniva fucilata sul posto e quindi bruciata. Il forno, tragicamente inadeguato, la notte del 21 giugno 1944 con l’immolazione di una quarantina di partigiani sloveni, rimase in funzione fino al 28 aprile 1945.

Aveva una capacità distruttiva di 70 – 80 corpi per volta e si calcola che i sacrificati furono in tutto circa 2000. I miseri resti raccolti in sacchi di carta per il cemento, venivano giornalmente scaricati in mare. Tre di tali sacchi, gli ultimi colmi di ossa calcinate e di resti umani bruciacchiati, furono rinvenuti dopo la liberazione.

Trieste ha un triste primato: ospita l’unico esempio di lager nazista in Italia. La Risiera di San Sabba è un edificio risalente al 1913, dove veniva realizzata la pilatura del riso. Dopo l’8 settembre del 1943 la Venezia Giulia passò sotto il dominio del Reich e i nazisti utilizzarono la Risiera come Polizeihaftlager, ovvero Campo di detenzione di polizia.

All’interno della Risiera venivano raccolti i beni razziati dai nazisti, ma qui vennero anche rinchiusi ed eliminati triestini, friulani, istriani, sloveni e croati. Fra di loro c’erano militari, partigiani, prigionieri politici ed ebrei. E per molti di loro la Risiera fu solamente l’anticamera della deportazione nei campi di concentramento in Germania e Polonia.

L’essiccatoio della struttura venne trasformato in forno crematorio all’inizio del 1944. Il forno entrò in funzione il 4 aprile dello stesso anno, quando nella Risiera vennero cremati i cadaveri di settanta ostaggi fucilati il giorno prima nel poligono di tiro di Opicina, sul Carso triestino.

La Risiera di San Sabba a Trieste. Sulla parete esterna sono visibili i resti del forno crematorio. Come racconta il documento “Risiera di San Sabba – monumento nazionale”, realizzato da Civici Musei di Storia e Arte di Trieste con la supervisione della Commissione del Civico Museo di San Sabba, sul tipo di esecuzione in uso, le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte fondate: gassazione in automezzi appositamente attrezzati, colpo di mazza alla nuca o fucilazione. Non sempre la mazzata uccideva subito, per cui il forno ingoiò anche persone ancora vive. Fragore di motori, latrati di cani appositamente aizzati, musiche, coprivano le grida ed i rumori delle esecuzioni.

Il numero delle persone che sono state uccise in Risiera non è ancora certo: calcoli effettuati sulla scorta delle testimonianze danno una cifra tra le tre e le cinquemila persone soppresse in Risiera. Ma in numero ben maggiore sono stati i prigionieri e i “rastrellati” passati dalla Risiera e da lì smistati nei lager al lavoro obbligatorio.

L’edificio del forno crematorio e la connessa ciminiera vennero distrutti con la dinamite dai nazisti in fuga nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945. Il 15 aprile del 1965 il Presidente della repubblica Saragat dichiarò la risiera di san Sabba Monumento Nazionale in quanto “unico esempio di Lager nazista in Italia“.

Come ricorda la Comunità ebraica di Trieste sul suo sito, nel capoluogo giuliano.

Il Giorno della memoria assume un particolare valore di riflessione. La Shoah ha infatti inferto una ferita profonda e dolorosa alla Comunità ebraica locale. Almeno un migliaio di ebrei triestini fu vittima della macchina di sterminio nazista. Soltanto 19, in maggioranza donne, hanno fatto ritorno dai campi nazisti e hanno potuto testimoniare l’orrore subito. Per gran parte di loro, come per tantissimi altri ebrei, il viaggio della morte in direzione Auschwitz o Dachau prese il via proprio dalla Risiera.

L’UNICO LAGER IN ITALIA

Molto spesso le scuole elementari e medie del Veneto e del Friuli Venezia Giulia portano i ragazzini in gita alla Risiera di San Sabba. Di sicuro non si tratta di un posto felice dove trascorrere una giornata, ma sulle giovani menti ha un impatto molto forte ed indelebile.

Ricordo perfettamente il giorno in cui ci andai per le ricerche con le quali poi abbiamo realizzato il libro “La Risiera di San Sabba”. Mi colpì moltissimo il forte odore di MORTE, l’imponenza dell’edificio, il lastrone che ricopre quello che una volta era il forno crematorio, le minuscole cellette ed il monumento che simboleggia il fumo che usciva da quel maledetto camino. La Risiera di San Sabba era uno stabilimento utilizzato per la pilatura del riso ed eretto nel 1913. Successivamente i nazisti la requisirono e la utilizzarono nel modo più macabro.

Inizialmente come campo di prigionia per i militari italiani catturati l’8 settembre 1943 e successivamente come campo di sterminio, l’unico in tutto il territorio italiano. Il forno venne trasformato. In un primo momento aveva una funzione nobile, quella di essiccare il riso per farne pasti per il popolo e successivamente per far scomparire i resti dei malcapitati, i quali in un secondo momento venivano trasportati in sacchi di carta e gettati in mare. Con precisione non si sa bene quante persone siano state cremate in questo forno, ma sicuramente un numero compreso tra le 3.000 e le 5.000 persone e probabilmente anche superiore.

Con questo libro del gennaio 1979, si voleva mettere a nudo una parte della storia italiana, ma anche mondiale che spesso veniva nascosta ed infangata. Questo libro è una raccolta di testimonianze che narra una serie di racconti dei sopravvissuti a questo olocausto. All’interno del libro troviamo anche una serie di foto in bianco e nero, i quali, ci mostrano come era in quel tempo la Risiera.

Il testo è diviso in due grandi parti: la prima intitolata “La Fabbrica della morte” e la seconda “Aguzzini e mercanti”, inoltre è stata inserita una nota del 2000, un epilogo e successivamente la postfazione di Frediano Sessi.

Sicuramente per comprendere bene questo testo bisogna cimentarsi in un accurato studio di un libro di storia che parli di questo periodo. È un saggio storico che mi sento di consigliare a tutti per comprendere un po’ di più quello che accadeva nella Seconda Guerra Mondiale.

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